Nel precedente articolo abbiamo visto come la plastica ci è stata utile per parecchie applicazioni e come ci siamo divertiti a plastificare praticamente di tutto, anche le carte dei Pokèmon. Ma come si ricicla la plastica correttamente?
Il fatto è che la plastica, per la quantità che ne produciamo, è difficile da smaltire correttamente e in tempi brevi per mancanza di strutture adibite al riciclaggio o per la loro poca efficienza. Abbiamo un surplus che inevitabilmente, anche nelle condizioni migliori, per scarso controllo, può finire in luoghi dove crea disagi per l’ecosistema, specialmente in mare.
Si è infatti formata una specie di “macchia” in mezzo al Pacifico, tra Hawaai e California, completamente formata da rifiuti in plastica.
Questa macchia, la GPGP (Great Pacific Garbage Patch, la “grande chiazza di immondizia del Pacifico”) ha un’estensione di circa 1,6 milioni (1600000) di km quadrati, che vuol dire poco più di tre volte la Spagna. In gran parte questa macchia è composta da grossi pezzi di plastica, che però con il tempo si deterioreranno e si trasformeranno in microplastiche, ben più pericolose; della grandezza che varia dagli 0,33 mm ai 4,75 mm, queste minuscole particelle si insinuano ovunque, perfino nella carne dei pesci che purtroppo la ingeriscono senza accorgersene, prima di essere pescati. Tipo Dory, perché dai qualche microplastica quella se l’è ingerita di sicuro!
Senza parlare di pesciolini smemorati, negli Stati Uniti sono state trovate tracce di plastiche non riciclabili (BPA) nelle urine del 93% dei soggetti in uno studio condotto nel 2004 (forse un po’ vecchiotto, ma se inizia ad uscirci plastica proprio da lì, allora forse c’è qualche problemino).
La “colpa” di chi è?
Secondo dati derivanti da studi fatti da Lebreton, dal grafico si vede chi inquina maggiormente in tutto il mondo per regione:
Le regioni asiatiche hanno un impatto sul mare di circa il 90%, che è quasi la totalità dell’inquinamento totale. Purtroppo le politiche sullo smaltimento dei rifiuti non sono facilmente adottabili da ogni stato, ma contando che certi paesi esportano i propri rifiuti in plastica verso altri paesi, come il Regno Unito (il cui export in rifiuti plastici raggiungeva addirittura il 70%), avere dati reali è molto difficile. Stiamo procedendo con delle stime che possono ritenersi studiate abbastanza su larga scala da poter rappresentare la realtà. Anche i nostri mari, comunque, non sono esenti da questo tipo di inquinamento.
Ma come si ricicla la plastica tecnicamente? Non sono così crudele da spiegarvelo a parole, c’è un video di nemmeno 10 minuti che lo mostra in modo esaustivo:
Un altro problema è il fatto che riciclare non basta, bisogna drasticamente ridurre la produzione di plastiche e riciclarne almeno il 90% per riuscire a ridurne l’impatto ambientale, ma ciò comporta dei costi altissimi. Se consideriamo che le aziende tendono ad investire dove i costi sono bassi, abbiamo ancora poche possibilità che questa idea si traduca in realtà.
Dopo tutti questi numeri e pezzi di informazione, andiamo sul concreto e vediamo cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolo.
Come si ricicla la plastica? O la si brucia, o la si comprime per poi liquefarla, oppure in alcuni casi si può addirittura tornare ai suoi mattoncini fondamentali attraverso dei processi chimici, ecc. Tutti processi molto dispendiosi e in vari casi inquinanti a loro volta.
Come si ricicla la plastica in casa correttamente?
Ovviamente ad ogni tipo di plastica corrisponde un metodo di smaltimento, quindi dire “l’ho messo nella plastica!” non basta.
Ci sono in tutto 7 diversi tipi di plastica in casa tua, vediamo tra tutti quelli che usiamo quali sono i più riciclabili, così da ridurre il consumo di quelli peggiori.
Tipo 1: polietilene tereftalato (PET o PETE)
Il più comunemente usato, è chiamato anche poliestere, che è la categoria di polimeri in cui ricade.
Essendo leggero e non poroso, si usa per l’impacchettamento di cibi e bevande, ma anche per intrappolare gas. Sono fatti in PET bottiglie di plastica per acqua e bevande gassate, vassoi in plastica da utilizzare nel microonde e generalmente prodotti di spessori contenuti. Molto facilmente hanno però la pecca di assorbire facilmente ciò che contengono e quindi possono emanare cattivi odori dopo l’utilizzo. È riciclabile? Sì! Di solito il PET viene riciclato per farci tappeti, mobili e le fibre di alcuni indumenti invernali.
Tipo 2: polietilene ad alta densità (HDPE)
Come suggerisce il nome, questa è la “plastica dura“, ovvero i nostri contenitori più resistenti, come quelli per lo shampoo o i prodotti della lavanderia o i componenti di un parco giochi.
Riciclabili? Sì!
Cosa si ottiene dal suo riciclo? Penne, tavolini da picnic o da ping pong, bottiglie di plastica dura, ecc. Insomma, le tipiche cose da americani in campeggio.
Tipo 3: polivinilcloruro (PVC)
Ha veramente tanti utilizzi, ma i prodotti fatti in PVC sono di solito serramenti in polimero, le tendine della doccia, oppure i giocattoli per bambini che abbiamo avuto tutti, e i tappi delle bottiglie (si, bisogna separarli alle bottiglie, che sono in PET, quando si riciclano!).
Riciclabile? In Europa abbastanza, in altre parti del mondo non molto; può avere nuova vita in prodotti per la pavimentazione, pannellatura e grondaie per la gioia del fai da te. Se nebulizzato, ingerito o bruciato è molto nocivo. Fermi, piromani, se tenete al vostro fegato e alle vostre ossa.
Tipo 4: polietilene a bassa densità (LDPE o PE-LD)
Troviamo questo polimero nei cartoni del latte come isolante (esatto, i cartoni del latte e altre bevande non sono solo cartoni e purtroppo hanno plastica al loro interno), oppure per l’inscatolamento di prodotti che richiedono trasparenza, o le maledette buste della spesa, che adesso sono fatte in materiali biodegradabili come sostitute del LDPE, al costo di perdere metà spesa per strada se non si fa attenzione agli angoli appuntiti dei prodotti.
Riciclabile? Ultimamente più riciclabile, per farci prodotti come la pattumiera per esterni oppure quello che mi ha fatto perdere ore e ore nella mia infanzia: il millebolle da imballaggio (si, quell’involucro con tante bollicine sopra che da piccoli scoppiettavamo allegramente). Nonostante sia riciclabile e scoppiare bollicine sia uno spasso, cercate sempre di utilizzarne poco o trovare alternative. Si spende un sacco di energia per riciclare questo tipo di plastica, come del resto quasi la totalità della plastica.
Tipo 5: polipropilene (PP)
Eccolo il protagonista degli anni ’50! Ci si fa di tutto, i contenitori per il cibo, la moquette, oggetti per la casa, vaschette per la lavanderia, parti d’auto, cavi delle batterie ecc…ma è riciclabile? Ultimamente di più, trasformandosi magicamente in rastrelli di plastica, cavi delle batterie dell’auto e pure in raschietti per auto, quello che usi quando ti dimentichi che fuori fa freddo, ma ce n’è così tanta da rendere anche i maggiori sforzi effimeri. Accidenti a Natta e a Ziegler, quei geniali teppistelli.
Tipo 6: polistirene (PS)
Sono prodotti in polistirene le vecchie cassette, accessori per la scrivania, utensili in plastica e qualsiasi altro oggetto che pur essendo sottile in spessore è abbastanza duro. Anche facilmente colorabile.
Come si ricicla la plastica di questo tipo? È difficilmente riciclabile, per la maggior parte ci si fanno prodotti per la coibentazione di vario tipo. Invece che con le forchette di plastica (che poi ti si rompono in bocca quelle maledette), mangiate con l’argenteria della nonna (sì, perché la nonna sa che non si spreca nulla).
Tipo 7: tutto il resto
Ovvero polimetilmetacrilato (PMMA), policarbonato (PC), acido polilattico (PLA) e altri, un gruppo di materiali che non sono riciclabili e devono essere smaltiti con tecniche dispendiose e inquinanti. Troviamo questo tipo di plastiche nei biberon, negli schermi di sicurezza, nelle borse del freddo e altro. Non sono riciclabili per farci molto altro, quindi questi tipi di plastica si utilizzano a livello industriale e il loro “fine vita” è molto impattante.
Cosa abbiamo capito da tutto ciò? Che la plastica in sé è dannosa solo per la sua quantità, e che dobbiamo non solo riciclarla, ma produrne molta meno. Quindi sì al fatto di non usare plastiche usa e getta, ma di tenere plastiche che ci servano per molto tempo e specialmente dei primi tre tipi (almeno in Europa).
Un utile consiglio per ottenere il meglio dal riciclo è separare sempre i materiali diversi che compongono un prodotto e rimuovere eventuali residui organici prima di differenizarlo.
Insomma, basta con le merendine, che fanno pure poco bene alla salute!